Il caso di Luca: la necessità di un approccio integrato per cura e cambiamento
Introduzione
Quando una persona dice “ho un problema” riferendosi alla sua vita quotidiana o alla propria salute, di che cosa sta realmente parlando?
Dietro a un’incomprensione con il collega, a una frustrazione rispetto a quello che vorrebbe fare e non riesce a realizzare, a uno stato d’ansia invalidante o a un dolore cronico, che cosa si cela?
Negli anni ci sono stati tanti approcci illuminanti che ci hanno aiutato a vedere la ‘vera causa’ dietro a un problema: una persona era aggressiva con il partner non per un problema di coppia, ma per la sua insoddisfazione personale; un ginocchio faceva male perché, in realtà, la spalla del lato opposto era bloccata; l’asma di un bambino era dovuta dall’angoscia di separazione dalla mamma e, viceversa, un trauma emotivo non passava perché non erano stati considerati gli aspetti corporei; e così via.
Cercare nuove spiegazioni è fondamentale. Personalmente amo farlo, ma spesso non basta.
Quasi sempre ci sono più spiegazioni da tenere in considerazione al contempo. La prima la troviamo quasi subito, un’altra emerge con i nuovi studi e approfondimenti che abbiamo fatto. Spesso riusciamo a trovare anche un terzo e un quarto motivo. A volte si tratta di fattori causali che hanno innescato quel meccanismo, in altri casi può trattarsi di concause o elementi subentrati in un secondo momento, ma che ne impediscono la risoluzione.
Il caso di Luca
Ci possono essere rilevanti influenzamenti tra ambiti apparentemente non collegati, come nel caso di Luca (nome di fantasia), che era afflitto dalle sue spalle incurvate in avanti per le quali aveva fatto diversi sport, tanto da sviluppare una rilevante massa muscolare, ma senza riuscire ad aprire il petto. Questo gli creava sofferenza emotiva perché lui per primo non si accettava così e, inoltre, gli altri ragazzi a scuola lo prendevano in giro.
NB: Il testo di questo articolo è tratto dal libro Stress, Emozioni e Salute - Il Manuale per i Professionisti Integrati, in uscita tra pochissimi giorni!
Come vedremo nel corso del testo, oltre ai processi mentali, una postura del genere sostiene un biofeedback (che qui possiamo considerare letteralmente ‘un messaggio che dal corpo sale al cervello’), sostenendo anche a livello biologico condizioni di insicurezza e scarsa fiducia in sé stessi.
In casi come questo è fondamentale poter individuare i diversi meccanismi in gioco e agire in modo mirato su di essi. Ad esempio, la postura di Luca era influenzata da un diaframma eccessivamente contratto per lo stress cronico a cui era sottoposto (anche per fattori familiari indipendenti dai suoi vissuti rispetto al proprio corpo) e che influenzava per via biomeccanica le curve di cifosi dell’alta schiena e della lordosi cervicale.
Fig. - Alcune delle dinamiche di influenzamento reciproco tra emozioni e postura in casi come quello di Luca. Sono segnate, a titolo esemplificativo, solo alcune possibili cause e implicazioni.
D’altra parte, la rabbia per un’ingiustizia subita qualche anno prima gli creava forti tensioni a livello dei muscoli serratori della bocca, che lo portava a digrignare i denti di notte e generava una postura ‘a collo di tartaruga’. Luca mal sopportava questa caratteristica estetica, che tra l’altro lo sbilanciava in avanti, creando anche senso di scarsa stabilità fisica e, a cascata, emotiva.
Tutto questo era sostenuto e amplificato da un tipo di alimentazione e utilizzo di integratori pro-infiammatori, che lo aiutavano a sviluppare la massa muscolare desiderata, ma a scapito di un sistema nervoso sempre più iper-reattivo.
Alla luce di tutte queste osservazioni abbiamo lavorato con Luca con tecniche (descritte più avanti nel libro) mentali, corporee, di integrazione mente-corpo, di rappresentazione dell’immagine di sé e attraverso la rivisitazione dello , ottenendo in circa 3 mesi i risultati da lui desiderati, ma soprattutto un maggior benessere fisico e mentale globale.
Fig. - Il progetto terapeutico integrato proposto nel caso di Luca.
Un tema che ho molto amato nei miei percorsi di studio e approfondimento è quello di resistenza al cambiamento. Quando una terapia – fisica o mentale – non funzionava, inizialmente si pensava a una resistenza mentale del paziente che, per ragioni chiare (ad esempio “se guarisco mi tocca tornare al lavoro”) o inconsce (ad es. “non posso fare un figlio, altrimenti sarei un cattivo genitore, proprio come mio padre”), non voleva collaborare. Oggi si è visto che esistono questo tipo di resistenze, così come possono essere presenti fattori più complessi e nascosti in altri livelli. Ad esempio, l’infiammazione immunitaria rende meno efficace una psicoterapia per la depressione, così come il cortisolo eccessivo per risposte di stress prolungate rende inefficace un vaccino anti-influenzale. Sono solo due esempi introduttivi, vedremo molti di questi fenomeni di influenzamento reciproco e multi-dimensionale che raggruppiamo sotto il nome di Gerarchie di Influenzamento.
Fig. - Dopo un intervento integrato su più livelli è possibile ottenere un cambiamento naturale della postura e dei suoi correlati emotivi (sia come causa che come effetto). Queste foto sono a circa 4 mesi di distanza dall’inizio. Come si può notare, oltre ai cambiamenti posturali-emotivi, cambia anche la qualità dei tessuti (non trattiene più liquidi e la pelle è meno irritata, entrambi segnali di un’infiammazione sistemica che è stata superata, con un guadagno generale su salute fisica ed emotiva).
Se ti interessa approfondire e padroneggiare questo tipo di approccio:
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