Corpo, Memorie, Traumi e Adattamento: 12 modelli e teorie che devi conoscere

Quando si parla di traumi, approcci somatici, integrazione mente-corpo, ci sono alcuni approcci che hanno avuto una grande diffusione. Tuttavia, si tratta di temi molto ampi e governati da meccanismi (neurobiologici, mentali, emotivi, ecc.) che possono essere inquadrati da diverse prospettive e con rilevanti implicazioni pratiche.  

Il Corpo che ricorda

Tradizionalmente, le emozioni e i ricordi erano considerati fenomeni puramente mentali (come i pensieri) o totalmente fisiche (collegamenti tra neuroni). Tuttavia, le ricerche di Antonio Damasio – tra gli altri – hanno evidenziato che le emozioni non sono disgiunte dal corpo, ma sono piuttosto il risultato di cambiamenti fisiologici che avvengono in tutto l'organismo. Questo approccio, noto come "embodiment", sottolinea come le esperienze emotive lascino tracce nel nostro corpo, che vengono poi riattivate in situazioni simili.

Le memorie somatiche possono essere definite come l’insieme delle esperienze “registrate” a livello corporeo e fisiologico, quasi sempre in modo non consapevole. Quando un evento, soprattutto se caratterizzato da forte intensità emotiva o traumatico, avviene, l’organismo non immagazzina solo i ricordi in termini di “narrazione” cosciente (memoria esplicita o dichiarativa), ma codifica anche le componenti fisiche, viscerali e neurovegetative dell’esperienza (memoria implicita o procedurale).

Il corpo può conservare segni di questi eventi in forme molteplici:

  • Tensioni muscolari croniche
  • Posture o atteggiamenti del corpo ricorrenti
  • Pattern respiratori alterati
  • Attivazione o disfunzioni del sistema nervoso autonomo

È ciò che talvolta si traduce nell’idea che il corpo ricorda. Infatti, l’idea che il corpo trattenga delle memorie, in particolare di eventi traumatici, è stata portata all’attenzione di un vasto pubblico anche grazie al lavoro di Bessel van der Kolk, in opere come The Body Keeps the Score. Tuttavia, la concezione che l’esperienza emotiva e traumatica si “imprima” nei tessuti e nel sistema nervoso non è un concetto nuovo: diversi approcci terapeutici, dalla psicoterapia corporea alle tecniche di rilassamento, dalla medicina psicosomatica alle pratiche contemplative, hanno esplorato e approfondito l'idea che le esperienze di vita, in particolare quelle dolorose o traumatiche, possano lasciare tracce durature nel corpo sotto forma di tensioni muscolari, pattern posturali disfunzionali, alterazioni del respiro o della regolazione autonomica.

Attualmente, numerose prospettive – dalle psicoterapie somatiche, a quelle che non si definiscono così ma integrano neurobiologia e neuroscienze, ai moderni approcci integrati di fisioterapia, osteopatia e diverse discipline biomediche – continuano a indagare in che modo il corpo e il sistema nervoso elaborino, registrino e riattivino la memoria di esperienze particolarmente significative o traumatiche. Le memorie somatiche sono un fenomeno complesso e su più livelli. Di seguito analizziamo alcune delle prospettive più interessanti.

 

Basi Neurobiologiche delle Memorie Somatiche

Il ruolo dell’emozione nel consolidamento mnestico, come adattamento e costruzione

Joseph LeDoux ha dimostrato come le emozioni (specie quelle legate alla paura) svolgono un ruolo cruciale nel modulare i processi di apprendimento e di memoria. L’amigdala, che LeDoux ha ampiamente studiato, si attiva in risposta a stimoli minacciosi o fortemente emotivi, facilitando la memorizzazione di eventi con un valore emotivo elevato. L’amigdala elabora emozioni e ricordi interagendo costante con l’insula, nota anche come HUB interocettivo, ovvero punto centrale di raccolta ed elaborazione di informazioni sullo stato somatico in ogni momento. Le tracce traumatiche possono fissarsi in maniera particolarmente forte sia nelle strutture deputate al ricordo esplicito (ippocampo) sia in quelle implicite (sistemi sensomotori e neurovegetativi) e contengono informazioni somatiche che sono e devono essere collegate alle dimensioni narrative, mentali ed emotive.

Più in generale, secondo la teoria delle emozioni di Joseph LeDoux, le emozioni svolgono un ruolo cruciale nell'adattamento dell'organismo all'ambiente. LeDoux ha dimostrato come le emozioni siano il risultato di un processo di valutazione degli stimoli, seguito da risposte fisiologiche e comportamentali. In questa prospettiva, le memorie somatiche possono essere viste come il risultato di esperienze emotive ripetute, che hanno portato a modificazioni durature nei circuiti neurali coinvolti nella regolazione emotiva a livello fisiologico. Per questo motivo è fondamentale agire sul corpo, sui meccanismi di adattamento (posturali, motorii e non solo) ancora prima che su quelli emotivi.

 

Le emozioni costruite

Le ricerche di Lisa Feldman Barrett hanno evidenziato come le emozioni non siano reazioni universali innate e rigidamente codificate, bensì costruzioni che il cervello genera combinando informazioni provenienti dalle sensazioni corporee, dalle memorie pregresse e dal contesto. Questo sposta l’attenzione sull’importanza delle “predizioni” che il nostro sistema nervoso elabora costantemente.

In un evento traumatico, il cervello costruisce un’emozione molto intensa basandosi anche sullo stato corporeo (battito cardiaco accelerato, tensione muscolare, sensazioni viscerali, schemi posturali e di movimento, ecc.) e tale costruzione emotiva può rimanere come “schema di predizione” per situazioni future, riattivando le memorie somatiche ogni volta che si percepisce un segnale potenzialmente simile. Per questo motivo è fondamentale confrontare più volte lo stato di attivazione reale e di un preciso momento con le previsioni che sono partite in automatico. Inoltre questo confronto va fatto a livello di consapevolezza, ma anche creando segnali sensoriali in grado di mettere in crisi la previsione, dimostrando in modo concreto – prima al corpo e poi alla mente – che la previsione era errata e svantaggiosa.

Inoltre, grazie ai contributi della Barrett le memorie somatiche possono essere interpretate come il risultato di un processo di costruzione in cui le sensazioni corporee vengono integrate con le rappresentazioni mentali e i significati culturali per dar luogo all'esperienza emotiva. Quindi un utilizzo mirato del linguaggio e del pensiero è fondamentale per riprocessare in modo nuovo le memorie somatiche e non. Per farlo, ad esempio, si possono usare aggettivi non stereotipi per definire le sensazioni corporee e cambiando la valenza emotiva culturale o simbolica di un evento (ad esempio valutandolo mentre si pensa in una lingua straniera).

 

L’integrazione emotivo-cognitiva

Luiz Pessoa è uno dei principali portavoce di integrazione tra i processi emotivi e cognitivi, che non vengono più visti (come avveniva in passato) separati, bensì fortemente intrecciati. Il cervello funziona come un sistema integrato in cui regioni tradizionalmente considerate “emotive” (amigdala, insula, cingolo anteriore) comunicano costantemente con aree “cognitive” (corteccia prefrontale, aree parietali e temporali). Nella formazione di una memoria somatica, la componente sensoriale e corporea dell’emozione si associa ai processi cognitivi di valutazione, interpretazione e creazione di significato. Ciò genera “mappe” complesse in cui il corpo diviene parte integrante della memoria e non un mero esecutore di reazioni secondarie. In queste dinamiche complesse la motivazione e le emozioni influenzano significativamente la percezione e la cognizione, e viceversa. Per questo è fondamentale esplorare e poi agire su tutti questi aspetti in modo globale e sinergico.

 

Le ultime teorie di Antonio Damasio

Antonio Damasio è uno dei padri dei processi embodied, in particolare per quanto riguarda emozioni e corpo. Damasio ha sviluppato una teoria dell'emozione e della coscienza che mette al centro il ruolo del corpo e delle rappresentazioni somatiche. Secondo l’autore, le emozioni sono il risultato di un processo di mappatura degli stati corporei nel cervello, e svolgono un ruolo cruciale nella regolazione dell'omeostasi e nel processo decisionale. Le memorie somatiche, in questa prospettiva, rappresentano il substrato neurale delle esperienze emotive passate, e possono influenzare il comportamento e la cognizione in modo implicito.

Damasio ha anche sottolineato come la coscienza e il senso di sé emergano dall’integrazione continua tra i segnali provenienti dal corpo (il cosiddetto proto-sé) e le rappresentazioni mentali più complesse. I somatic markers – che potremmo definire un aspetto specifico delle memorie somatiche – mostrano come le esperienze passate abbiano inciso sul corpo, che diventa un “segnalatore” automatico di potenziali conseguenze emotive di una decisione o di un’esperienza. Nel caso di eventi traumatici, il corpo può sviluppare marcatori somatici fortemente negativi, riattivandosi con sintomi fisiologici intensi non appena il soggetto vive una situazione che rievochi, anche inconsciamente, il trauma iniziale.

 

Reti e Sistemi di Autoregolazione

Teoria Polivagale

La teoria polivagale, formulata da Stephen Porges, fornisce una specifica cornice neurofisiologica che spiega come il sistema nervoso autonomo – in particolare le diverse diramazioni del nervo vago – regoli le risposte agli stimoli, soprattutto quelli minacciosi o stressanti. Secondo Porges, esiste una gerarchia di risposte (dalla modalità di social engagement supportata dal vago ventrale, alle risposte di fight or flight guidate dal sistema simpatico, fino al shutdown tipico della branca dorsale del vago) che si attivano in base alla percezione di sicurezza o pericolo. Quando un evento traumatico viene vissuto o ricordato, il corpo può “richiamare” lo stato neurofisiologico vissuto in quel momento: ciò significa che le tracce somatiche, incluse posture difensive e alterazioni di frequenza cardiaca o respiratoria, riflettono la riattivazione di quelle vie autonome. In questo senso, la teoria polivagale offre un modello per comprendere come le memorie traumatiche si “aggancino” a specifici pattern neurofisiologici e di come, intervenendo su questi pattern (ad esempio favorendo l’attivazione del vago ventrale), si possano alleviare o rielaborare gli aspetti corporei del trauma.

La Teoria Polivagale sta riscuotendo un grande successo negli ultimi anni. Tuttavia è importante sapere che essa non rappresenta l’unico modello di regolazione disponibile e interessante sia dal punto di vista teorico che delle implicazioni cliniche.

 

Central Autonomic Network (CAN) e Prefrontal Cortex (PFC)

Il Central Autonomic Network (CAN) è la rete che collega aree del sistema nervoso centrale deputate alla regolazione dell’attività autonoma. Ad esempio è fondamentale nella regolazione della frequenza cardiaca, del respiro, delle risposte allo stress, ma anche delle funzioni endocrine e immunitarie. Alterazioni a questo livello spiegano quindi bene come le memorie somatiche siano sicuramente  visibili e gestibili a livello di postura, movimento e dolori fisici, ma sono anche ormonali e immunitarie (quindi alla base di asma, intolleranze, dermatiti, ecc.).

La Prefrontal Cortex (PFC), d'altra parte, è implicata nei processi di controllo cognitivo ed emotivo. Insieme, la CAN e la PFC costituiscono il substrato anatomico dell'autoregolazione a livello biologico, emotivo, cognitivo e comportamentale. La PFC (corteccia prefrontale) dialoga in modo sinergico con l’amigdala nella costruzione e modulazione delle emozioni. La PFC ha ampie connessioni con le cortecce motorie e sensoriali, modulando sia le risposte adattative primarie non consapevoli che le emozioni. L' insula, l'ipotalamo e il talamo sono definiti "hub" integrativi con un ruolo centrale nella regolazione delle emozioni.

Queste strutture cerebrali, insieme al CAN (Central Autonomic Network), costituiscono il substrato anatomico dell'autoregolazione biologica, emotiva, cognitiva e comportamentale. Le memorie somatiche – in quest’ottica – sono il risultato di modificazioni plastiche in queste reti neurali, che riflettono l'esperienza di eventi emotivamente salienti.

 

Neurovisceral Integration Model

Il Neurovisceral Integration Model sottolinea l'importanza delle connessioni tra il sistema nervoso centrale e gli organi viscerali nella regolazione emotiva e nella risposta allo stress. Il nervo vago svolge un ruolo centrale nei processi di auto-regolazione emotiva, influenzando la frequenza cardiaca e le funzioni degli organi vitali. Le afferenze vagali trasmettono informazioni al tronco encefalico e ad altre aree coinvolte nei processi emotivi e cognitivi.

Questo modello evidenzia come il nervo vago e altre vie nervose influenzino la funzione cardiaca, la respirazione e altri processi fisiologici che, a loro volta, contribuiscono alle nostre esperienze emotive. In particolare, mette in luce come la variabilità della frequenza cardiaca (HRV – Heart Rate Variability) sia un indicatore della flessibilità e della capacità di regolazione del sistema nervoso autonomo. Più alta è la capacità di un soggetto di modulare la propria attivazione fisiologica (evidenziata da una maggiore HRV), maggiore è la sua resilienza allo stress e la sua abilità di regolare l’impatto degli eventi emotivi.

In individui con esperienze traumatiche – e quindi con rilevanti memorie somatiche – si osservano spesso riduzioni dell’HRV, indice di una maggiore rigidità del sistema nervoso autonomo e di una difficoltà a “regolare” le proprie risposte fisiologiche ed emotive.

Le memorie somatiche, d’altra parte, in questa prospettiva possono essere viste come il risultato di pattern di attivazione autonomica ripetuti, che influenzano la regolazione emotiva e la salute psicofisica.

 

Postura, Equilibrio e Memorie Somatiche

Il ruolo della postura nella regolazione emotiva

La postura non è soltanto un aspetto biomeccanico, ma un vero e proprio indicatore dello stato interno di un individuo. Emozioni come paura, rabbia o vergogna possono alterare in modo significativo l’allineamento e la tensione muscolare, consolidandosi nel tempo come “schemi posturali”. Gli squilibri posturali e le limitazioni del movimento spesso riflettono e perpetuano stati emotivi disfunzionali e memorie somatiche negative. L'intervento terapeutico deve quindi mirare a ristabilire una postura armonica e pattern di movimento fluidi, favorendo al contempo il rilascio di tensioni emotive e la rielaborazione di memorie somatiche attraverso l'esperienza corporea.

Numerosi studi sulle memorie traumatiche mostrano come una postura protettiva possa rimanere consolidata, specialmente se l’evento traumatico o stressante è vissuto ripetutamente o in età evolutiva, quando i sistemi di autoregolazione sono ancora in formazione. Diverse discipline e ricerche che studiano le correlazioni tra la postura e le emozioni mostrano come il corpo, attraverso le memorie somatiche dei muscoli posturali, tessuto neuro-miofasciale, mappe corporee e schemi di respiro, conserva tracce di adattamenti difensivi. Ristabilire un assetto posturale armonico favorisce l’elaborazione di tali memorie a livello somato-emotivo.

 

Orientamento e senso di sicurezza

Il sistema vestibolare (localizzato nell’orecchio interno) è fondamentale per l’equilibrio e la percezione del movimento e della posizione del corpo nello spazio. Porges ha diffuso molto questo aspetto a livello di autoregolazione, ma si tratta di una conoscenza ben sviluppata in precedenza dalla Neurologia Funzionale e altri approcci. Dal punto di vista evolutivo, la capacità di orientarsi rapidamente e con precisione è strettamente legata alla sopravvivenza: capire da dove proviene un potenziale pericolo e avere un buon equilibrio consente di reagire con una risposta di fuga o di difesa.

Eventi traumatici, soprattutto se associati a una sensazione di disorientamento o di perdita di controllo, possono bloccare il sistema vestibolare in uno stato di ipervigilanza. Si osserva spesso nei disturbi post-traumatici un’alterazione del senso di equilibrio e del coordinamento, che riflette un persistente stato di allerta. D’altra parte, un miglior funzionamento del sistema vestibolare (attraverso esercizi di rieducazione vestibolare o attività come il ballo, lo yoga, il pilates o con gli esercizi e le tecniche che abbiamo sviluppato con le Scienze Integrative) può contribuire a ripristinare un senso di sicurezza e radicamento corporeo, riducendo l’intensità delle risposte somatiche connesse al trauma.

 

Attaccamento e Postura

Le teorie dell’attaccamento mostrano come i modelli relazionali precoci possano influenzare le risposte emotive e comportamentali future. A livello somatico, il bambino che cresce in un ambiente sicuro e accogliente sviluppa una postura più aperta, rilassata, in grado di esplorare lo spazio circostante con curiosità. Al contrario, bambini esposti a trascuratezza o a situazioni di pericolo (fisico o emotivo) possono manifestare posture di chiusura o iper-vigilanza, con spalle sollevate, torace contratto, capo chino, bacino retroverso.

La corteccia prefrontale e l’intero Central Autonomic Network (CAN), come visto precedentemente, modulano l’attivazione fisiologica. Quando l’esperienza relazionale è stata segnata da incertezza e minaccia, la regolazione top-down può risultare meno efficiente, lasciando così il corpo in uno stato di allerta costante. In età adulta, questi pattern possono riaffiorare in situazioni di stress o in relazioni significative, influenzando la postura e le sensazioni somatiche. Questo è un dei motivi per cui abbiamo sviluppo diverse tecniche di Accomodamento Interpersonale, in modo da lavorare sulla postura e sulle memorie somatiche mentre si forniscono stimoli relazionali sani e costruttivi.

 

Riflessi Primitivi

I riflessi primitivi sono schemi motori innati che compaiono alla nascita (o già in utero) e che dovrebbero in gran parte inibire o integrarsi nel corso dei primi mesi/anni di vita. Esempi noti sono il riflesso di Moro, il riflesso di prensione palmare (grasp) e quello tonico cervicale asimmetrico (ATNR).

In condizioni di normalità, man mano che il sistema nervoso matura, i riflessi primitivi vengono superati da schemi motori più complessi. Tuttavia, se un bambino sperimenta traumi, stress cronico o carenze nello sviluppo, alcuni riflessi primitivi possono rimanere parzialmente attivi. Ciò influenza la postura, il movimento e anche la regolazione emotiva. Ad esempio, un riflesso di Moro non completamente integrato può portare a una costante predisposizione a reagire in modo eccessivo agli stimoli, sia fisici sia emotivi, consolidando uno stato di iper-attivazione. Per questo abbiamo inserito in alcune tecniche, ad esempio in specifiche varianti delle Emozioni Isometriche, schemi di contrazione e rilascio dei riflessi che più spesso vengono alterati da memorie somatiche disfunzionali.

 

Il ruolo centrale della fascia

La fascia è un organo sensoriale ricco di meccanocettori che forniscono al SNC informazioni cruciali sulla postura, il movimento e la tensione. La sua capacità di memorizzare le esperienze meccaniche, insieme alle interazioni con il sistema nervoso, le emozioni e la respirazione, rende la fascia un attore chiave nella formazione e nel mantenimento delle memorie somatiche, così come nella risposta a eventi traumatici e stress. Agire sulla fascia con tecniche specifiche (come l’Emotional Fascial Release) è quindi un approccio fondamentale per modificare le memorie somatiche e i correlati mentali ed emotivi.

La fascia corporea ha un ruolo significativo nell'influenzare le memorie somatiche attraverso diversi meccanismi. Vediamone alcuni in sintesi.

La fascia gioca un ruolo cruciale nella propriocezione, ovvero la capacità di percepire la posizione e il movimento del corpo nello spazio, che è parte integrante dei sistemi di sicurezza e auto-regolazione. Per questo motivo abbiamo sviluppato tecniche dove la propriocezione e l’interocezione vengono favorite attraverso il contatto, come nel Body Scan Tattile o nelle varianti esplorative dei Rilasci dei Punti Psicosomatici e dell’Emotional Fascial Release.

Variazioni nello spessore della fascia profonda sono state riscontrate in soggetti con dolore lombare cronico e dolore cronico al collo, così come variazioni nella qualità del tessuto fasciale sono sempre rilevabili in soggetti depressi o con disturbo post-traumatico.

Quando si verifica un trauma la respirazione si blocca e il tessuto miofasciale si irrigidisce, in particolare quello collegato al diaframma, ai muscoli paravertebrali e altri muscoli coinvolti in modo specifico ad ogni trauma. Questi blocchi alterano quasi sempre i processi di memorizzazione, in particolare collegando le informazioni relative all'evento in modo disfunzionale, per cui si possono avere ricordi senza emozioni o emozioni senza ricordi, ricordi nel corpo che non hanno un significato a livello cognitivo o mappe corporee non coerenti con le percezioni fisiche o i vissuti emotivi.

La fascia è un sistema di connettività multi-direzionale nel corpo a livello globale. Esistono diverse connessioni tra emozioni e postura. Le tensioni muscolari possono derivare da emozioni negative e viceversa. La postura può essere influenzata da fattori come lo stress, l'alimentazione e lo stile di vita. Il sistema miofasciale può essere influenzato dallo stress cronico, modificando la risposta immunitaria e aumentando la rigidità dei tessuti e il dolore.

Le emozioni e le attivazioni fisiche sono entrambe legate a ormoni che influenzano la memorizzazione, come adrenalina, noradrenalina e cortisolo. I ricordi sono modificabili grazie al riconsolidamento che si attiva ogni volta che un ricordo viene riattivato anche a livello somatico. Quindi, agire sulla fascia e in contemporanea svolgere procedure di riprocessamento e riconsolidamento delle memorie (ad esempio con i metodi di RePro), ne massimizza l’effetto.

 

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