Cura e cambiamento nel 2021: 5 Aspetti fondamentali
La prestigiosa rivista “The Science of Psychotherapy” ha chiesto a me (Fabio Sinibaldi) e altri illustri colleghi (tra cui Ruth Lanius, Kathryn Rossi, Mauro Cozzolino, Michael Yapko) di contribuire al numero speciale “Reflections & Possibilities” per rivedere quello che è successo nel 2020 e prospettare scenari ed esigenze emergenti nel 2021 per chi si occupa di salute e benessere mentale in una prospettiva completa, integrata e con solide basi scientifiche (tratto distintivo della rivista).
Il punto di partenza dell’articolo riguarda la pratica psicoterapica, ma può essere una lettura interessante anche per chi si occupa di relazioni di cura, di aiuto o di sviluppo in ambito sociale o medico.
Puoi leggere la traduzione in italiano qui sotto, oppure può scaricare il PDF della rivista relativo al mio contributo (in inglese).
Psicoterapia ai tempi del Covid: dai vincoli alle virtù
Il 2020 è stato un anno particolare, abbiamo avuto l’occasione di metterci alla prova come persone e professionisti, affrontando situazioni nuove e facendo i conti con vincoli esterni significativi.
Uno degli aspetti più interessanti è che proprio queste condizioni estreme hanno messo sotto la lente di ingrandimento diversi aspetti della natura umana, facendo emergere in modo amplificato tutti i difetti, le disfunzioni, ma anche le grandi risorse che abbiamo.
Abbiamo potuto osservare questo fenomeno su tutti i livelli: convinzioni, bisogni, motivazioni, corpo-mente, capacità di prendersi cura di sé priorità e così via. In questo breve articolo voglio condividere con voi i 5 temi in cui più spesso mi sono imbattuto nella pratica clinica quotidiana, che sono anche emersi in modo rilevante dai professionisti della nostra Community delle Scienze Integrative durante gli incontri di pratica clinica e nelle supervisioni.
1. Il (falso) mito della prevedibilità
Negli ultimi mesi si è parlato molto di imprevedibilità e incertezza. In ogni situazione, in realtà, la vita è prevedibile e controllabile fino a un certo punto, anche nelle condizioni più favorevoli. L’uomo, di contro, ha spesso fatto l’errore di inseguire un sogno di controllo totalitario che, non solo non è realistico, ma spesso anche controproducente.
Molte persone ricercano un controllo illusorio sul mondo esterno e sulla vita, ad esempio delegando ogni responsabilità in rigide credenze o con una fiducia cieca nella tecnologia o in altri strumenti esterni. Raramente questi sistemi generano una reale sicurezza. Viceversa, dimostrano proprio la loro fallacia nel momento in cui, dopo averli attuati, la persona rimane sempre con un dubbio, una preoccupazione o vissuti stressanti.
Se andiamo a vedere come funziona il nostro cervello rispetto alla gestione dell’Uncertainty, possiamo fare un interessante cambio di prospettiva: non ci aiuta (o almeno non più di tanto) avere un grande controllo dei fattori imprevedibili, piuttosto – per sentirci sicuri e confidenti – ci serve poter contare sulla flessibilità ed efficacia dei nostri piani e comportamenti per gestire gli aspetti imprevedibili. Questo tipo di meccanismo può essere ben sintetizzato da un detto diffuso in nord-Europa che amo molto: “non esiste il cattivo tempo, esiste solo un cattivo abbigliamento”.
2. Scienza, fede… o bias psicologico?
Nel momento in cui sto scrivendo sono iniziati i primi vaccini anti-Covid, almeno in alcuni paesi. Senza entrare nel delicato dibattito dei pro e contro di questo o altri vaccini, in questa sede mi interessa sottolineare come ci siano moltissime persone che rincorrono il sogno di un vaccino, inteso come l’unica soluzione da attuare per risolvere la situazione e poter tornare alla vita di prima. Questo atteggiamento ricorda molto quello che Bion definiva uno stato di ‘attesa messianica’, ovvero un atteggiamento mentale in cui ci si deresponsabilizza e si aspetta una soluzione magica dall’esterno in grado di realizzare una situazione perfetta.
Allo stesso modo, possiamo vedere molte persone augurarsi di “avere la fortuna” di non prendere il virus. Alcune persone hanno provato e provano tuttora, giustamente, ad aiutare la fortuna con strumenti esterni (mascherina) o comportamentali (distanziamento). Di contro, solo pochi si preoccupano di avere un sistema immunitario forte e in grado di fare bene il proprio lavoro, fattore che la ricerca scientifica ha dimostrato determinante nel fare la differenza tra casi sintomatici e asintomatici, tra casi gravi e forme leggere (tra l’altro in diverse patologie, non solo virali).
Il nostro sistema immunitario dovrebbe essere il bene più prezioso da proteggere e sviluppare. Inoltre, come ben sappiamo, i suoi legami (asse intestino-cervello, nervo vago, ecc.) con i nostri pensieri e vissuti emotivi sono bidirezionali e fondamentali per la nostra salute tout-court. Come psicoterapeuti moderni e che basano la loro pratica su forti basi scientifiche abbiamo il dovere di agire su tutti questi elementi in sinergia al fine di supportare i nostri pazienti al meglio.
3. Il corpo dimenticato
I momenti di lockdown hanno ben evidenziato che per molte persone c’è ancora una gran confusione tra stati di attivazione e/o disfunzione corporea e stati mentali ed emotivi. Dico “c’è ancora” perché negli ultimi anni abbiamo assistito alla diffusione di concetti e pratiche terapeutiche base sulla consapevolezza, sull’integrazione mente-corpo, sull’introduzione di concetti fondamentali come embodiment ed enactment. Tuttavia per la maggior parte della popolazione, in realtà, si tratta di concetti ancora poco noti.
Infatti, in questi periodi di isolamento sociale e chiusura in casa abbiamo assistito a un gran numero di persone agitate perché non si muovono, perché passano troppo tempo di fronte a uno schermo che emette luce blu (che altera tutta la nostra neurobiologia), che rimanendo nelle mura domestiche tengono sempre lo sguardo con una messa a fuoco troppo vicina (modalità in cui non funziona bene il nostro sistema di sicurezza, basato sulla visione a lunga distanza per intercettare in anticipo i rischi). Inoltre le persone bloccate in casa si annoiano e continuano a mangiare, per la maggior parte zuccheri, cosa che iperattiva la mente (i picchi di insulina favoriscono ruminazioni e modalità di pensiero rigide) e iper-eccitano il corpo (favorendo stati infiammatori).
Quasi nessuno attribuisce la propria agitazione e i pensieri negativi a questi fattori fisici, metabolici e comportamentali, ma piuttosto sviluppa una serie di valutazioni negative sull’esterno o su di sé, come “la vita fa schifo per colpa del lockdown“, “sono ansioso“, ecc.
Per riprendere il controllo su questi processi è fondamentale recuperare consapevolezza. Per farlo al meglio, dobbiamo considerare che in questa situazione specifica è particolarmente efficace lavorare su una consapevolezza dinamica, che riattivi il corpo per percepirlo meglio. Possiamo quindi abbinare alle tradizionali tecniche ed esercizi di consapevolezza una serie di movimenti lenti o inversi (particolarmente utili per riorganizzare la percezione sensoriale e le mappe corporee) o di cambiamento di stato (ad esempio cambiando la temperatura della doccia mentre si medita o si fa una tecnica di reset sensoriale-emotivo come quelle Reboot), e anche usando attività trasformative e di modificazione sensoriale tattile (ad es. mentre si cucina), ecc.
4. Fronteggiare la verità: scelte di vita da rivedere
Essere bloccati in casa ha portato molte persone a vivere situazioni forti e mettere in discussione diversi aspetti della propria vita, ad esempio accorgendosi di non essere più in sintonia col partner, trovando insoddisfacente o privo di senso il proprio lavoro, scoprirsi meno intraprendenti e pieni di passioni di quanto si credeva.
I meccanismi che hanno messo in luce queste situazioni sono diversi: la convivenza forzata; non avere valvole di sfogo come lo sport o altre passioni; o – paradossalmente – reazioni negative verso condizioni a lungo desiderate come non dover passare diverse ore in macchina per andare al lavoro, avere ritmi e tempi della giornata non imposti da qualcun altro o altre abitudini che sono venute meno. Tuttavia, come spesso succede quando un sogno si realizza, non è come ci si aspettava. Anzi, in questo caso molte persone si sono accorte che la propria vita, vivendola per quello che è veramente, senza sovrastrutture imposte dall’esterno o dalle routine, non era quella che avrebbero desiderato.
In tutte queste situazioni, in realtà, il problema non é il lockdown, ma è nato prima. Bisogna farsi le domande: dove sono finite le proprie passioni? Perché l’insoddisfazione nella coppia non è stata affrontata prima? Quali bisogni profondi e fondamentali sono stati soddisfatti negli ultimi anni e quali invece trascurati? Spesso, infatti, la vita viene impostata come un equilibrio creato su un’urgenza temporanea (fare carriera, pagare il mutuo, i figli piccoli, ecc.), ma poi si consolidano modalità durature ma non sostenibili.
5. Setting fluidi grazie all’online
Un’ultima considerazione riguarda il modo stesso di fare psicoterapia, anch’esso cambiato in questi ultimi mesi. Con una crescente dimestichezza a fare sessioni online e grazie a nuovi strumenti tecnologici sempre più flessibili e ricchi di possibilità, è ora facile sperimentare nuove modalità di lavoro. Personalmente mi piace molto sperimentare diverse possibilità e invito tutti i diversi partecipanti ai nostri corsi a essere creativi e flessibili. Alcune delle modalità che ho trovato avere riscontri positivi tanto dagli psicoterapeuti quanto dai loro pazienti sono le seguenti.
Non dovendo muoversi da casa è più facile organizzare sedute di diversa durata: possono essere da 20 a 90 minuti, a seconda della massima efficacia per il paziente, anche variando di volta in volta in base allo specifico progetto terapeutico di quella seduta o periodo.
È estremamente interessante poter registrare e rivedere le sedute con il paziente, analizzando le reazioni comunicative o corporee con più oggettività e da differenti punti di vista.
Allo stesso modo, ma dalla prospettiva opposta, talvolta è utile poter attivare e disattivare la telecamera, per favorire certi passaggi introspettivi o focalizzare volutamente l’attenzione su specifiche modalità espressive (disattivando la telecamera per concentrarsi sull’espressione vocale o, viceversa, collegando due telecamere per osservare volto e postura al contempo).
Se i pazienti utilizzano il proprio cellulare o computer portatile, possono facilmente fare la seduta in setting diversi (ad es. possono sdraiarsi sul letto e svolgere una tecnica psico-corporea specifica nel comfort massimo), o anche fare sessioni mentre cucinano o mangiano (per lavorare in modo contestualizzato sul rapporto col cibo), o ancora mentre suonano il pianoforte per lavorare sulla performance di un’artista o per facilitare una specifica modalità emotiva se quella è la sua passione.
Fabio Sinibaldi
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