Ripensare Psicosomatica e Resistenze al Cambiamento: un approccio integrativo

Quando osserviamo il modo in cui “funziona” una persona, le sue reazioni, le sue modalità (più o meno efficaci) di adattarsi al mondo e di raggiungere i propri obiettivi, di fatto stiamo vedendo solo il risultato finale di un sistema complesso di meccanismi e fenomeni che prendono forma dentro di lei. 

Numerosi processi si attivano: alcuni in sequenza, molti anche in contemporanea. Alcuni passaggi influenzano i successivi e, spesso, avviene un sistema di retro-feedback che permette di rivalutare quello che sta succedendo per migliorare il tutto in modo flessibile e in risposta a modificazioni dell’ambiente o degli altri o, ancora, alla risoluzione della situazione di partenza.

Img. 1 - La rappresentazione schematica di tutti i Livelli Interconnessi, alla base di ogni comportamento e con collegamenti eterarchici (gerarchie non-lineari) fondamentali in ogni processo mente-corpo.

Conoscere le gerarchie e i modi in cui questi sistemi e processi si influenzano a vicenda è molto utile, per poter impostare un progetto terapeutico o educativo che segua e rispetti queste sequenze. 

Si tratta anche di un modo per rileggere le resistenze al cambiamento: si sta cercando di agire a valle, o comunque durante il percorso, ma c’è qualcosa a monte che deve essere risolto prima.

Spesso ci si concentra sulle resistenze al cambiamento psicologiche, ad esempio come “il vantaggio secondario” o la “dipendenza relazionale o mentale da qualcun altro”. Come vedremo più avanti ci possono essere anche resistenze con basi psicologiche indirette (ad es. un ambiente caratterizzato da scarsa prevedibilità boicotta i network cerebrali in grado di investire sui piani a lungo termine e, quindi, sulla motivazione al cambiamento).

Ci sono anche forme di resistenza al cambiamento che possiamo definire “somato-psichiche”, come uno stato infiammatorio del sistema immunitario, che è in grado di modificare la plasticità neurale e lo stato di allerta. Seguendo questa logica potremmo dire che non esistono 'pazienti difficili’, ma piuttosto casi da affrontare in tutta la loro complessità. 

Informazioni di questo tipo diventano oggi strategiche nella risoluzione di problematiche come depressione, ansia e PTSD, in cui il rapporto tra processi mentali ed emotivi è legato in modo bidirezionale con gli stati infiammatori (a tal proposito si può far riferimento agli Switch dei primi tre livelli, in particolare a quelli del gruppo 2, vedi immagine sottostante - ulteriori info sul Modello degli sSwitch e sul libro che li presenta).

Img. 2 - La rappresentazione grafica delle diverse aree di switch e di alcuni dei principali ambiti di azione.

Ci sono anche diversi ambiti di vita quotidiana in cui le gerarchie comportamentali si dimostrano fondamentali: ad esempio, é stato ormai ampiamente dimostrato che l’attività fisica regolare migliora l’umore, la salute e la forza motivazionale. Tuttavia, è stato anche dimostrato che fare attività fisica contro voglia (ad esempio a ritmi e orari imposti dall’esterno) aumenta i livelli di stress, rilevabile sia a livello emotivo che di biomarker nel sangue. Questo fenomeno si spiega sia attraverso un meccanismo metabolico, noto come resistenza insulinica (vedi gli Switch del gruppo 1), sia per i fattori di resistenza al cambiamento rispetto ai processi omeostatici e allostatici (switch del gruppo 2).

Cambiando ambito di riferimento, esistono anche interessanti fenomeni di priming (ad esempio informazioni a cui veniamo esposti senza che sembrino rilevanti, come una discussione ascoltata passivamente mentre si prende il caffè, oppure il colore delle pareti in un negozio) in grado influenzare comportamenti e decisioni apparentemente in domini diversi come esercizi matematici, la scelta di un cibo o il livello di irritabilità. Sono state fatte numerose ricerche in merito ed è emerso che questi priming posso cambiare significativamente il voto di un esame universitario così come il fatturato di un negozio.

Questi elementi esterni vanno ad interagire, direttamente o indirettamente, con diversi fattori interni, dall’immagine di sé al desiderio di accettazione sociale, fino al senso di risorse fisiche a disposizione, che hanno un’origine corporea molto rilevante (processata dall’insula nella primissima valutazione di rischio, come vedremo più avanti nel funzionamento del Salience Network negli switch del terzo gruppo e, da un’altra prospettiva, nelle primissime fasi degli Schemi Funzionali integrativi).

Img. 3 - Il Modello degli Schemi Funzionali integrativi

Abbiamo visto una serie di esempi, concentrandoci su alcune delle principali funzioni e dei processi in atto. Abbiamo volutamente utilizzato termini abbastanza neutri e svincolati da particolari modelli teorici, in modo da mettere in luce che si tratta di fenomeni comunque presenti, indipendentemente da come li si voglia concettualizzare. 

Per capirne a fondo i meccanismi, a questo punto è utile andare a vedere le strutture e i sistemi sottostanti che sostengono tali funzioni. Ci sono più Livelli Interconnessi (vedi immagine 1), che permettono di dare senso e poter agire in modo mirato e sistematico sui processi di auto-regolazione, decisione, comportamenti, sicurezza, adattamento, sviluppo, ecc. (vedi immagine 2).

In quest’ottica, i concetti di Gerarchie Comportamentali e di Switch del Cambiamento possono servire come supporto per ragionare in modo sistemico su tutti questi elementi, valutandone i reciproci processi di influenzamento, individuando i meccanismi sinergici (o all’opposto agonisti) e sviluppando una vera e propria mappa dei fattori in gioco, e poi decidere in modo mirato e con una chiara strategia in mente:

  •  su che cosa è prioritario agire subito;
  •  quali fattori non sono centrali ma, se non presi in considerazione, possono costituire elementi di resistenza al cambiamento;
  •  quali interventi sono necessari a creare le precondizioni per il cambiamento;
  •  quali accorgimenti sono utili per far sperimentare in modo esperienziale, aperto e costruttivo nuove modalità di adattamento;
  •  quali criteri permettono il consolidamento delle nuove modalità;
  •  quali fattori possono essere motivanti;
  •  e così via.

L’abilità del professionista di cura e cambiamento risiede proprio nel muoversi tra questi meccanismi, attivandoli nella sequenza corretta, favorendone i meccanismi fisiologici e attaccando da più lati e con diversi strumenti i processi disfunzionali e i sistemi che li sostengono.

 

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